Un’aula LEIS a scuola cambia il modo di fare scuola

Paola Lisimberti

di Paola Lisimberti

Una delle mie studentesse iscritta al primo anno del Liceo Scientifico potrebbe essere una ricercatrice. In quale settore? Non saprei. Uso il condizionale perché le professioni del futuro non esistono ancora, si possono solo fare ipotesi. Tuttavia, stando ai risultati delle ricerche condotte da istituti specializzati e commissionati da alcuni governi europei, il lavoro si troverà nei settori a più alto contenuto tecnologico e, contestualmente, il lavoro umano potrà essere sostituito da automi e macchine industriali.

Uno scenario da paura? Direi di no: l’innovazione va gestita, non demonizzata. Non sarebbe prudente fare gli struzzi mentre grandi aziende dei paesi industrializzati investono in ricerca nel settore della tecnologia e immettono sul mercato prodotti sempre più evoluti che diventano regali di Natale…

La cosa che mi piace di più dell’incipit che ho scritto è la parola “studentesse”. Questo mio primo post sul blog Innovation for education è dedicato a loro.

La mia aula LEIS

La storia dell’aula LEIS del Liceo Pepe Calamo di Ostuni nasce con l’incontro alla RomeCup 2014 di Pierluigi Lanzarini. Ascoltando il suo intervento e le esperienze di altre scuole, ho cominciato a maturare l’idea di poter allestire l’aula nella sede dello Scientifico del mio liceo. Il progetto, scritto a quattro mani con il collega Domenico Aprile, ha preso forma grazie al finanziamento europeo (fondi FESR) e dall’anno scolastico 2014/2015 l’aula LEIS ha contribuito alla formazione di tanti studenti e studentesse del Liceo Pepe Calamo di Ostuni attraverso il progetto di Istituto Roboticsness. Gymnasium mentis, giunto al traguardo del quinto anno.


Che cos’è un LEIS?

Un LEIS – acronimo di LEGO Education Innovation Studio – è un laboratorio basato su set tematici e filosofia educativa LEGO Education, un ambiente di apprendimento completo, uno spazio modulabile per costruire competenze capaci di parlare agli studenti del XXI secolo. Scopri di più cliccando qui.


Se mi chiedessero di definire l’aula LEIS in breve direi che è un generatore di competenze. Diverse sono state le declinazioni didattiche che ci ha consentito negli anni: promozione delle STEM, sviluppo di competenze trasversali e orientamento, inclusione, didattica innovativa.

Abituare i ragazzi e le ragazze a pensare con un robot è strategico per preparare i cittadini di una smart community a confrontarsi con la realtà. Infatti, dietro un robot c’è innanzitutto “pensiero”: di chi lo immagina, di chi lo progetta, di chi lo costruisce, di chi lo utilizza. È questo pensiero che dobbiamo coltivare a scuola, allineando il nostro agire didattico con le direttive dell’Unione Europea, indicate nelle Norme di diritto civile sulla robotica (Risoluzione del Parlamento Europeo del 16 febbraio 2017 recante raccomandazioni alla Commissione concernenti norme di diritto civile sulla robotica). Nell’ambito della “Responsabilità”, infatti, il Parlamento Europeo all’art.50 “prende atto del fatto che lo sviluppo della tecnologia robotica richiederà una maggiore comprensione per trovare il terreno comune necessario ai fini dell'attività congiunta umano-robotica, che dovrebbe basarsi su due relazioni interdipendenti essenziali, quali la prevedibilità e la direzionalità; evidenzia che queste due relazioni interdipendenti sono cruciali per determinare quali informazioni è opportuno che gli umani e i robot condividano e come individuare una base comune tra umani e robot che consenta un'efficace azione congiunta umano-robotica”.

Come coniugare l’umano e il tecnologico?

La sfida si gioca sul terreno della creatività. Con un kit di robotica si possono fare due cose: ripercorrere strade già tracciate o inventare. Ed è questa, di solito, la domanda che gli studenti mi rivolgono quando sono alle prese con i materiali LEGO Education: “Possiamo costruire un robot inventato da noi?”

Intorno al tavolo con i kit di robotica si aggregano ragazzi e ragazze. Questo accade all’inizio. Poi i ragazzi prendono altre strade, mettendo in scena la dinamica del “gruppo chiuso”. La cultura che le macchine siano roba da maschi è dura a morire. È necessario vigilare e, senza essere invadenti, favorire l’aggregazione di team misti e lo scambio dei ruoli.

Poi, coltivare le attitudini delle studentesse, come la resilienza, che consente loro di attivare dinamiche positive nella risoluzione dei problemi: le ragazze riconoscono i punti di forza di un progetto più facilmente (sono allenate a valorizzarsi); sono pazienti nel momento della gestione dell’errore e più portate a smontare/rimontare tutto.

Nonostante le loro competenze, le ragazze hanno difficoltà a prendere l’iniziativa in contesti in cui ci siano macchine e cedono la leadership ai ragazzi. Penso che l’aula LEIS sia il posto giusto per abbattere i pregiudizi: in aula LEIS i robot non hanno sesso. Così si potrebbe perseguire l’obiettivo che si è data l’Unione Europea all’art. 42 nel documento del Parlamento Europeo citato poco fa, che “ritiene che avviare un numero maggiore di giovani donne a una carriera nel digitale e inserire un maggior numero di donne nel mercato del lavoro digitale recherebbe beneficio all'industria digitale, alle donne stesse e all'economia europea; invita la Commissione e gli Stati membri a lanciare iniziative per sostenere le donne nel settore TIC e rafforzarne le competenze digitali”.

 

Uno spazio inclusivo

Dire che la Scuola deve consentire a ciascuno di esprimere le proprie attitudini e deve rispettare i tempi di ciascuno nell’apprendere potrebbe sembrare scontato e un obiettivo facile da perseguire: qualche volta lo è, se le parole sono solo parole.

Coinvolgere tutti attraverso attività di robotica è invece più immediato e, soprattutto, è autenticamente vero. Nell’aula LEIS non si ripete il layout della gerarchia banchi-sedie-cattedra: non c’è un ordine fisso nel quale disporsi, non ci sono barriere comunicative o relazionali. Le attività si alimentano dell’apporto di ciascuno e in quel contesto in cui manca il silenzio tipico dell’aula dove “si trasmette”, anche lo studente più reticente alla partecipazione avanza domande, pone interrogativi. La sua voce non rompe il silenzio (a volte claustrale) della lezione: può fare domande, può cercarsi le risposte da solo, può sbagliare e correggersi. E i più esperti sostengono i meno esperti, come nella vita vera. Si prendono decisioni, si fanno errori, si lavora insieme con gli altri, ci si confronta, nella vita vera. Esiste un posto e un metodo dove praticare una scuola che si apra alla vita, al mondo esterno, al futuro? Con l’aula LEIS la scuola ha permesso agli studenti e alle studentesse (che in numero crescente di anno in anno frequentano il progetto) di sperimentare le conoscenze e le competenze acquisite nel contesto reale in esperienze pratiche di orientamento.

In questi anni ho imparato che il metodo e l’ambiente sono estremamente potenti: nello spazio giusto è possibile costruire un ponte tra i saperi disciplinari, divisi in un sistema costruito “a compartimenti chiusi”. In un ambiente aperto, stimolante e innovativo, è nata ad esempio l’idea di un gruppo che ha lanciato una partita a scacchi giocata tra LEGO MINDSTORMS Education EV3: si parte dalla ricerca di un racconto sul tema alla realizzazione della scacchiera, dalla costruzione dei robot alla programmazione delle mosse. E non importa che si riesca a dare scacco matto: il valore più importante sta nel contributo che ciascuno ha dato e nelle cose che ciascuno ha imparato.

Paola Lisimberti L' autore

Animatrice digitale e digital champion, insegna Italiano e Latino al Liceo Scientifico Pepe di Ostuni. È stata la prima insegnante che ha fondato un LEGO Education Innovation Studio nel sud Italia e ancora oggi continua a spingersi e a spingere i suoi ragazzi oltre le mura del cortile e a “gettarli” nel mondo grazie alle nuove tecnologie, avvertendo come un dovere l’educarli a un loro uso consapevole.

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