Earth Day: 5 idee di attività didattiche per questa giornata

  1. Porta il giardino dentro l’aula

Questa attività è pensata per coinvolgere gli studenti attivamente, promuovendo la consapevolezza ambientale, il pensiero scientifico e la cittadinanza ecologica. Si tratta di un’attività multidisciplinare, in cui possono essere coinvolti docenti e contenuti di diverse materie scolastiche.

Livello scolastico

Noi ce la immaginiamo principalmente per la scuola secondaria di I grado, ma nulla vieta di portarla sugli altri livelli scolastici con qualche accortezza e modifica. Alla secondaria di II grado si può ampliare l’attività con approfondimenti più tecnici: calcolo preciso del risparmio idrico rispetto al suolo, analisi chimica dei nutrienti, progettazione assistita della serra (con software CAD o simulazioni), elaborazione di un progetto di “urban farming” a scuola o in città.

Alla primaria o addirittura all’infanzia, si potrebbe invece lavorare più sull’osservazione visiva e la narrazione, attraverso schede illustrate, misurazioni elementari (es. con il righello), il racconto della crescita della pianta in forma di diario o storia.

 

Obiettivi didattici

SCIENZE
– Comprendere il funzionamento dell’agricoltura idroponica e confrontarla con quella tradizionale.
– Osservare e documentare il ciclo di crescita delle piante in ambiente controllato.
– Sviluppare abilità di osservazione, misurazione e registrazione dati.

EDUCAZIONE CIVICA
– Riflettere sull’impatto ambientale dell’agricoltura tradizionale.
– Comprendere il concetto di sostenibilità ambientale applicato al cibo e all’acqua.
– Stimolare comportamenti responsabili verso il consumo delle risorse naturali.

ITALIANO
– Produrre testi argomentativi e descrittivi sul tema “Terra, ambiente e innovazione”.
– Presentare una relazione orale strutturata.

MATEMATICA
– Rilevare dati relativi alla crescita delle piante (altezza, giorni di crescita, PH, quantità di nutrienti).
– Rappresentare dati in tabelle e grafici.

TECNOLOGIA
– Comprendere il funzionamento tecnico della serra idroponica (sensori, luci LED, pompa, timer, etc.).
– Conoscere le basi dell’automazione nel contesto agricolo.

 

Materiale necessario

– Serra idroponica in funzione (già installata in aula) come Tower Garden o Smart Garden. Se si vuole maggiormente lavorare su osservazione e dati, però, consigliamo la nostra fantastica CampusGarden, sviluppata da CampuStore per Arduino e vincitrice del BETT Award 2024.
– Schede di osservazione per ogni studente.
– Termometro, sensore pH, sensore di umidità/luce.
– Accesso a dispositivi digitali (tablet o computer per ricerche e grafici).
– Cartelloni o software per presentazioni.
– Semi già germinati (lattuga, basilico, spinaci, etc.)

 

Durata dell’attività
3 giorni consecutivi o distribuiti nella settimana della Giornata della Terra.

 

Descrizione dell’attività

Fase 1 – Introduzione e contesto (30 min)
– Breve lezione frontale/interattiva: Cos’è la Giornata della Terra e perché è importante.
– Visione di un breve video sull’impatto ambientale dell’agricoltura intensiva.
– Discussione guidata: “Quali alternative sostenibili esistono?”

Fase 2 – Esplorazione della serra idroponica (1 ora)
– Osservazione diretta della serra idroponica: descrizione delle componenti tecniche (tanica, tubi, lampade, substrato).
– Spiegazione del principio dell’idroponica: coltivazione fuori suolo.
– Gli studenti, divisi in gruppi, rilevano e registrano: temperatura – pH dell’acqua – quantità di nutrienti/distribuzione – stato delle piante (altezza, colore, eventuali fioriture).
– Discussione su vantaggi ecologici dell’idroponica: risparmio idrico, assenza di pesticidi, coltivazione urbana,…

Fase 3 – Laboratorio di scrittura e riflessione (1 ora)
Ogni gruppo elabora:
– una scheda descrittiva del funzionamento della serra
– una riflessione scritta: “Perché l’agricoltura idroponica è una speranza per il pianeta”
Gli studenti producono anche un poster informativo o una presentazione digitale per la classe o per il corridoio della scuola, per sensibilizzare e informare il resto della popolazione scolastica (“sharing is caring”).

Fase 4 – Condivisione e discussione finale (30 min)
– Presentazione dei gruppi alla classe.
– Discussione collettiva su come possiamo trasformare i nostri comportamenti quotidiani per proteggere la Terra.
– Proposta: avviare un “diario della serra” da aggiornare settimanalmente fino a fine anno scolastico.

 

ESTENSIONI POSSIBILI
– Creazione di un video documentario o podcast registrato dagli studenti sull’esperienza condotta.
– Collaborazione con altre classi o scuole per scambiarsi dati e confrontare coltivazioni.
– Piccolo mercatino verde con piantine coltivate idroponicamente da donare alle famiglie in cambio di un gesto ecologico (raccolta plastica, piantumazione, ecc.) o di un piccolo contributo alla scuola.

 

2. Porta la classe in giardino

Andiamo all’aria aperta! Scegli uno spazio verde accessibile vicino alla scuola (giardino scolastico, parco urbano, cortile, boschetto, orto didattico) e recatici con la classe.

 

Livello scolastico

Anche in questo caso si tratta di un contenuto ideale per classi 2ª e 3ª della secondaria di I grado, dove gli studenti hanno già basi di ecologia, uso della tecnologia e sanno lavorare in gruppo. I contenuti scientifici restano esplorativi, con un linguaggio accessibile e molta guida da parte del docente nella riflessione. I report finali possono essere slide o brevi testi descrittivi.

Obiettivi didattici

SCIENZE NATURALI
– Osservare e classificare piccoli organismi e strutture naturali.
– Analizzare i fattori ambientali attraverso i dati meteo.
– Comprendere l’interconnessione tra micro-ecosistemi e il cambiamento climatico.

GEOGRAFIA 
– Raccogliere dati ambientali (temperatura, umidità, vento, luce) con una stazione meteo.
– Riflettere sul concetto di biodiversità e sugli effetti dell’azione umana.

TECNOLOGIE
– Utilizzare strumenti digitali (microscopi wireless, Chromebook, stazioni meteo) per la ricerca scientifica.
– Documentare osservazioni con foto, video e schede digitali.

ITALIANO & EDUCAZIONE CIVICA
– Sviluppare il linguaggio scientifico e descrittivo.
– Produrre brevi report, articoli o presentazioni multimediali sul valore della biodiversità e sull’importanza della cura dell’ambiente.

 

Materiale necessario

– Microscopi digitali wireless (1 ogni 3-4 studenti) – Ideale ad esempio il CampuScopio, che nasce proprio per supportare anche attività flessibili e in mobilità.
– Chromebook o tablet connessi
– Stazione meteo portatile o fissa (con sensori di temperatura, umidità, velocità del vento, radiazione solare)
– Cartelle per raccolta campioni naturali (foglie, piccoli insetti, muschi)
– Schede di rilevamento digitale (es. Google Moduli, Jamboard, Canva, Padlet)
– Zaini, guanti, teli da appoggio, lente d’ingrandimento tradizionale (per confronto)

 

Descrizione dell’attività

Fase 1 – Preparazione in aula (30 min)
– Breve introduzione su cos’è la biodiversità e l’importanza dei micro-ecosistemi nella salute del pianeta.
– Dimostrazione pratica di utilizzo di microscopi digitali e della stazione meteo.
– Formazione dei gruppi e assegnazione dei “ruoli”: gli Esploratori (raccolgono e catalogano campioni), i Tecnici (usano strumenti digitali), i Meteorologi (leggono e registrano dati meteo) e i Giornalisti (scrivono e fotografano).

Fase 2 – Esplorazione sul campo (1,5 – 2 ore)

1. Rilevamento ambientale
– Gli studenti posizionano la stazione meteo e registrano i dati climatici in tempo reale (temperatura, umidità, vento).
– Annotano eventuali fonti di inquinamento visibile, presenza di biodiversità, condizioni del suolo.

2. Campionamento biologico e analisi digitale
– I gruppi raccolgono piccoli campioni (foglie, corteccia, muschi, insetti, petali).
– Con i microscopi digitali wireless, analizzano sul posto le superfici vegetali e le strutture cellulari visibili, proiettando in tempo reale sui Chromebook.
– Ogni gruppo carica foto e video su una piattaforma condivisa.

3. Riflessione e documentazione
– Gli studenti rispondono su Chromebook a un modulo digitale guidato (es. Google Moduli) con domande scientifiche e riflessioni etiche:
– Domanda guida: Cosa hai osservato che non avevi mai visto?
– Quali elementi ti fanno pensare che questo ecosistema sia sano o in difficoltà?
– In che modo le nostre azioni influenzano questi microambienti?

Fase 3 – Rientro in aula e produzione (1 ora)
– I gruppi rielaborano i materiali per creare un report digitale o una presentazione multimediale.
– Formati possibili: Slide condivise – Poster digitale (Canva o Presentazioni o mano libera) – Video racconto – Pagina Padlet

Fase 4 – Condivisione e attivismo (30 min)
– Ogni gruppo presenta agli altri la propria ricerca.
– La classe progetta un piccolo gesto simbolico di restituzione alla Terra (es. creazione di casette per insetti impollinatori, piantumazione di una piantina autoctona, “adozione” dell’area esplorata).

 

Valutazione
– Osservazione delle competenze trasversali (collaborazione, uso corretto degli strumenti, responsabilità).
– Redigere una rubrica ad hoc per la valutazione dei report (chiarezza, scientificità, originalità).
– Autovalutazione con domande metacognitive: “Cosa ho imparato oggi che mi ha sorpreso?”

 

ESTENSIONI POSSIBILI

– Attività periodica con rilevamenti stagionali (monitoraggio ambientale lungo l’anno).
– Invito a famiglie e altri docenti a esplorare i prodotti digitali della classe per diffondere la cultura ecologica.
– Invio dei dati raccolti a piattaforme di scienza partecipata (citizen science) se adatti.

 

3. Guarda lontano

Esplorare il cielo per scoprire la Terra… e se stessi!

 

Livello

Scuola secondaria di II grado

 

Obiettivo generale

Aiutare gli studenti a riflettere sul proprio futuro personale e professionale, partendo da una prospettiva “spaziale”: guardare la Terra dal cosmo per interrogarsi sul suo destino, ma anche sul proprio percorso di studio e carriera.

 

Obiettivi didattici

Scienze della Terra / Astronomia / Fisica
– Comprendere il ruolo dell’osservazione astronomica nello studio del clima, della Terra e dell’universo.
– Riconoscere la posizione e la fragilità del nostro pianeta nel sistema solare.

Educazione alla cittadinanza globale / Educazione ambientale
– Riflettere sul futuro della Terra e sul proprio ruolo di cittadino attivo.
– Connettere il cambiamento climatico alle dinamiche planetarie e all’azione umana.

Tecnologie / Comunicazione digitale
– Utilizzare strumenti digitali per osservare, documentare e comunicare (telescopi, notebook, videomaking, podcasting).
– Sviluppare competenze digitali trasferibili.

Orientamento
– Conoscere professioni legate all’ambiente, all’astronomia, alla comunicazione scientifica e al settore tecnologico.
– Avviare una riflessione consapevole sui propri interessi, valori e aspirazioni post-diploma.

 

Materiali utili per lo svolgimento dell’esperienza
– Un buon telescopio digitale o tradizionale (preferibile con fotocamera)
– Notebook o Chromebook con software per scrittura, editing audio/video
– Set da videomaking e/o podcasting (microfoni, cavalletti, auricolari) – Vedi Campus WebTV e CampusRadio
– App per osservazione del cielo (es. Stellarium, Sky Map)
– Connessione a Internet
– Spazio esterno per osservazione serale (anche cortile scolastico)

 

Descrizione dell’attività

FASE 1 – “Dallo spazio alla Terra” (lezione introduttiva – 1 ora)

Attività
– Visione guidata di video sul “pianeta Terra visto dallo spazio” (es. NASA Overview Effect, documentari brevi)
– Discussione: Cosa ci insegna osservare la Terra da lontano?
– Brainstorming: “Come sarà la Terra tra 50 anni? E come mi vedo io tra 20?”

Focus orientativo: introduzione alle professioni spaziali, ambientali, tecnologiche, comunicative
(es. astrofisico, climatologo, ingegnere ambientale, divulgatore scientifico, regista di documentari naturalistici).

FASE 2 – Osservazione del cielo e della Terra (2-3 ore, serale o pomeridiana)

Attività
– Osservazione con telescopi di:
– Luna, pianeti visibili, costellazioni
– Confronto con app digitali per orientarsi nel cielo
– Ogni gruppo registra le proprie osservazioni con foto/audio/video
– Discussione: Come si collega ciò che vediamo alla Terra e alla sua fragilità?

Focus orientativo: Ogni gruppo riceve una “scheda professionale” con un mestiere connesso a ciò che stanno facendo (es. “Data analyst ambientale”, “Specialista di telerilevamento”, “Producer scientifico”).

FASE 3 – Laboratorio creativo (2-3 ore)

Scelta tra due percorsi:

PRIMA OPZIONE – Podcast
– “Lettera dalla Terra nel 2075” → ogni gruppo immagina di raccontare ai giovani del futuro cosa è accaduto alla Terra… e cosa avrebbero potuto fare.
– Scrittura, registrazione e montaggio con musiche e suoni spaziali.

OPZIONE DUE – Video documentario breve
– “Guarda lontano” → video che combina immagini del cielo, riflessioni ambientali e pensieri personali sul proprio futuro.
– Editing con voice-over e grafica semplice (Canva, CapCut, WeVideo, ecc.)

Output: prodotto condivisibile online o in una “Serata della Terra”.

FASE 4 – Laboratorio di ORIENTAMENTO (1,5 ore)

Attività guidata in aula/laboratorio

– Mappa delle professioni: ogni studente collega il ruolo che ha ricoperto nell’attività a un possibile ambito professionale.
– Test riflessivo breve: “Cosa mi ha ispirato?”, “In cosa mi sono sentito a mio agio?”, “Quale competenza ho scoperto in me?”
– Presentazione (anche in video) di percorsi post-diploma legati a:
– scienza e ambiente
– tecnologia e ricerca
– comunicazione e media
– economia circolare e green jobs

 

Valutazione

Competenze osservabili:
– Capacità di collegare contenuti scientifici, ambientali e personali
– Qualità dell’elaborato comunicativo (video/podcast)
– Capacità di autoanalisi e riflessione sulle scelte future

Strumenti:
– Rubrica (scientifica, digitale, creativa)
– Autovalutazione orientativa
– Eventuale valutazione in Educazione civica, Scienze, Italiano

 

ESTENSIONI POSSIBILI

– Coinvolgimento di enti esterni (planetari, università, aziende green)
– Inserimento come progetto PCTO o compito autentico multidisciplinare
– Partecipazione a concorsi di videomaking scientifico o storytelling ambientale

 

4. Scalda i motori

Livello scolastico

Scuola primaria (classi 4ª e 5ª)

Durata

2-3 ore (può essere estesa in più incontri)

Discipline coinvolte

Scienze, Tecnologia, Educazione Civica, Matematica

Obiettivi didattici

Conoscenze
– Comprendere il concetto di energia e differenza tra fonti rinnovabili e non rinnovabili.
– Conoscere i principi base del funzionamento di un motore elettrico.
– Introdurre il concetto di sostenibilità e rispetto per l’ambiente.

Abilità
– Progettare e costruire un modello con LEGO Education Spike Prime e/o LEGO Science per simulare un veicolo a energia rinnovabile.
– Sviluppare competenze di problem solving, collaborazione e pensiero computazionale.
– Raccogliere e interpretare dati da semplici esperimenti o simulazioni.

Competenze trasversali
– Collaborare in gruppo per raggiungere un obiettivo comune.
– Riflettere in modo critico sull’uso delle risorse energetiche.
– Comunicare idee e soluzioni in modo efficace.

Materiali necessari
– LEGO Education SPIKE Prime (o alternativi LEGO Education SPIKE Essential)
– LEGO Education BricQ Motion Prime (opzionale, per attività su forze e movimento)
– LEGO Education Science (sensori, ruote, pannelli, ecc.)
– Batterie ricaricabili o pannelli solari (se disponibili)
– Computer o tablet con app SPIKE installata
– Materiale per la documentazione (cartelloni, pennarelli, schede di riflessione)

 

Descrizione dell’attività

1. Introduzione (30 minuti)
– Conversazione guidata: cos’è l’energia? Quali fonti conosciamo? Cosa succede quando una fonte si esaurisce?
– Visione di un breve video o immagini sulle fonti rinnovabili (sole, vento, acqua).
– Brainstorming: “Come potremmo alimentare un piccolo veicolo senza benzina?”

2. Sfida progettuale: costruisci il tuo Eco-Veicolo (90 minuti)
– Divisi in piccoli gruppi, gli studenti ricevono una missione:
“Il nostro pianeta ha bisogno di veicoli amici dell’ambiente. Progetta e costruisci un prototipo che si muova grazie a una fonte rinnovabile!”

– I gruppi progettano e costruiscono un piccolo veicolo o dispositivo mobile usando SPIKE Prime o LEGO Science.
– Il movimento può essere generato da motori elettrici alimentati da batterie (rappresentanti pannelli solari).
– Alcuni gruppi possono sperimentare l’uso di ruote grandi/piccole, leve o ingranaggi per migliorare l’efficienza.

– Gli studenti programmano il movimento del veicolo tramite l’interfaccia SPIKE:
– Programmazione base: accensione del motore, partenza, stop.
– Bonus: aggiunta di sensori per il rilevamento di ostacoli o il risparmio energetico.

3. Test e Condivisione (30 minuti)
– Ogni gruppo presenta il proprio modello e spiega:
– Che tipo di energia lo muove?
– Quali problemi hanno incontrato e come li hanno risolti?
– Cosa renderebbe il veicolo ancora più ecologico?

– Simulazione di “gara verde”: i veicoli vengono messi alla prova su un percorso breve, valutando efficienza, stabilità e originalità.

4. Riflessione e conclusione (30 minuti)
– Discussione collettiva con domande guida:
– Quale fonte di energia ti sembra più utile per il futuro?
– Cosa possiamo fare ogni giorno per rispettare le risorse della Terra?

– Compilazione di una scheda di riflessione individuale (o disegno con didascalia per i più piccoli).

 

ESTENSIONI POSSIBILI
– Realizzazione di una presentazione o di un breve video in stile “pubblicità ecologica” del veicolo.
– Invito di un esperto (es. ingegnere ambientale) per un approfondimento.
– Raccolta di dati sui consumi energetici della scuola e ideazione di una “campagna green”.

 

5. Non darti limiti

Un’attività interdisciplinare ricca di significato e tecnologia. Ecco una proposta dettagliata che mette insieme robotica, scienze, educazione civica e matematica, in un’esperienza coinvolgente e riflessiva per studenti della secondaria di I o II grado (ma può essere adattata anche alle classi 4° e 5° della primaria con modifiche semplificative).

 

Durata

2 incontri da 2 ore (espandibile a un modulo di progetto)

Età consigliata

11-16 anni (secondaria I grado o biennio II grado)

Materie coinvolte
– Matematica (limiti di funzione, concetto di asintoto)
– Scienze (ambiente, sostenibilità, controllo ambientale)
– Tecnologia/Informatica (robotica, sensoristica, automazione)
– Educazione civica (limiti personali, sociali ed ecologici)

 

Obiettivi didattici

MATEMATICA
– Introdurre e visualizzare in modo concreto il concetto di limite di funzione.
– Avvicinare gli studenti al concetto di infinito, crescita, asintoti, comportamenti di una funzione in prossimità di un valore.

SCIENZE E TECNOLOGIE
– Comprendere come funziona un sistema automatico di monitoraggio ambientale.
– Analizzare il concetto di limite ambientale: soglie di temperatura, umidità, CO₂, risorse naturali.
– Utilizzare Arduino Science Kit R3 o CampusGarden per effettuare misure e programmare un controllo attivo.

EDUCAZIONE CIVICA
– Riflettere sul concetto di limite personale: il rispetto di sé e degli altri, il consenso, i confini (fisici, emotivi, relazionali).
– Discutere sui limiti delle risorse del pianeta e il concetto di “prendere solo quanto serve”.

 

Materiali e tecnologie

– Arduino Science Kit R3 oppure CampusGarden
– Robot umanoide NAO  (alternativamente: Buddy)
– Computer/tablet con software Arduino IDE
– Sensori ambientali (già inclusi nei kit: CO₂, luce, umidità, temperatura)
– Lavagna/monitor per visualizzazione dati
– Schede stampate per riflessione, domande aperte e appunti matematici
– Possibile supporto: stampante 3D CampusPrint per accessori, materiali di riciclo per “cornice” dei sensori

 

Fasi dell’attività

Fase 1 – Introduzione e riflessione guidata (30-45 min)
Attività interattiva con il gruppo classe:
– Brainstorming sul concetto di “limite”: cosa significa nella nostra vita quotidiana? Dove troviamo limiti?
– Discussione sul rispetto del consenso (limite personale) e sul limite ecologico (esaurimento delle risorse).
– Introduzione visiva al concetto matematico di limite di funzione con esempi intuitivi (es: grafico che tende a un valore ma non lo raggiunge mai).

Attività creativa: ogni studente scrive su un post-it un proprio limite (reale o percepito), e lo attacca a una parete chiamata “Muro dei limiti”.

Fase 2 – Laboratorio tecnico (90 min)

Opzione 1 – con Arduino Science Kit R3
– Gli studenti installano sensori e registrano dati (temperatura, umidità, qualità dell’aria).
– Viene impostato un limite massimo accettabile per ogni parametro.
– Quando un parametro supera il limite, viene attivato un allarme o un segnale (es. LED, buzzer o avviso su display/robot).

Opzione 2 – con CampusGarden
– Gli studenti costruiscono un mini ecosistema (o simulano una serra) e programmano una reazione automatica al superamento di certe soglie (es. irrigazione automatica o attivazione di una ventola).

Coinvolgimento del robot umanoide (NAO/Buddy):
– Il robot interagisce con i gruppi e “chiede” aiuto quando uno dei sensori supera un valore critico.
– In alternativa: i ragazzi possono programmare una semplice scenetta dialogata dove il robot riflette su “cosa significa avere dei limiti”.

Fase 3 – Visualizzazione matematica (45 min)
– Si usano i dati raccolti per costruire grafici (es. andamento della temperatura).
– Analisi: si osserva come la curva tende a un valore (es. soglia critica di 30°C), ma grazie all’intervento automatico, viene mantenuta sotto controllo → collegamento diretto al concetto di limite matematico (con frontiera che non si supera, o che si raggiunge asintoticamente).

DOMANDA CHIAVE |  “Cosa succederebbe se il sistema non si fermasse mai, anche superato il limite?”

Fase 4 – Riflessione e restituzione (30 min)
– Ogni gruppo prepara un breve resoconto: “Quali limiti abbiamo incontrato (nei sensori, nei dati, nei nostri pensieri)?”
– Dibattito finale:
– “I limiti sono sempre qualcosa da superare?”
– “Quando un limite ci protegge?”
– “Possiamo imparare a rispettare i nostri limiti e quelli degli altri?”

 

Possibili output valutabili
– Scheda tecnica del progetto (documentazione tecnica e logica della programmazione)
– Grafico dati vs limiti
– Riflessione scritta individuale
– Presentazione del gruppo (orale o multimediale)

 

ESTENSIONI E VARIANTI

– Educazione all’affettività: si può introdurre il concetto di consenso con giochi di ruolo guidati.
– Produzione video/podcast: registrare un documentario in miniatura sul proprio progetto “scientifico e filosofico”.
– Giornata conclusiva con esposizione pubblica dei prototipi e riflessioni visive (poster o infografiche con dati e messaggi).

 

Queste sono le 5 idee di attività a cui abbiamo pensato per celebrare la Giornata della Terra 2025. E voi? Che cosa farete in questo momento speciale, per ringraziare il luogo che ci ospita?

Celebriamo la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo

Robot umanoidi e autismo

Uno trend interessante da evidenziare è l’impiego di robot per il trattamento dei sintomi specifici del disturbo dello spettro autistico, impiego che sta riscuotendo grande successo e ottenendo sempre più consenso da parte della comunità scientifica.

Iniziamo quindi giocando in casa: in questo articolo, che è una traduzione estratta da un saggio accademico francese, l’Ing Pietro Alberti – anche detto l’uomo che sussurra ai robot – racconta una sperimentazione condotta in alcune scuole grazie all’ausilio del robot Nao in supporto a studentesse e studenti con disturbo dello spettro autistico.

Lo studio, è stato frutto di una collaborazione tra un team di ingegneri di supporto e le scuole pubbliche di West Hartford.

L’articolo “Nao e autismo” si può leggere QUI.

Ma questo tema non è una novità, la terapia robotica per l’autismo è studiata da più di un decennio ormai. Kaspar fu il primo robot umanoide, utilizzato con finalità sociali, realizzato alla fine degli anni ’90 con delle sembianze vagamente umane. E da lì la strada è stata lunga e proficua.

Ma perché vengono portati avanti questi studi?

Per alcune bambine e bambini con autismo, interagire con le persone risulta essere un’esperienza frustrante. Molte e molti di loro si sentono sopraffatti dall’interazione diretta e faccia a faccia con l’altro e, disorientati dalla grande variabilità espressiva del volto umano, trovano difficile focalizzare l’attenzione e quindi apprendere abilità sociali grazie all’interazione. Il problema si presenta sia con le persone più intime (genitori, insegnanti), che con gli estranei. Quando interagiamo con una persona, infatti, siamo esposti a numerosissimi segnali sociali (espressioni facciali, tono di voce, gestualità) che sono difficilmente interpretabili per chi soffre di autismo.

Il robot in questo caso può essere vissuto come un intermediario tecnologico affidabile e prevedibile per il bambino. Ad esempio, se il robot dice qualcosa o esegue un’attività, lo fa sempre ed esattamente nello stesso modo, senza variazioni, cosa che per un umano è quasi impossibile. Questo per un soggetto che rientra nello spettro è estremamente rassicurante. Ovviamente il robot non viene utilizzato e studiato per sostituirsi all’essere umano, quanto per “insegnare” al soggetto in terapia delle tecniche in modo protetto per arrivare a interagire, in ultima, con altre persone.

L’obiettivo della tecnologia, dunque, è squisitamente umano.

L’ausilio del robot supera l’efficacia di altre terapie digitali come app e videogiochi, probabilmente per via del vantaggio offerto dal robotche somiglia maggiormente a una figura umana (umanoide, per l’appunto) rispetto a un semplice smartphone o schermo. Inoltre, mentre un’app scaricata su un dispositivo scatena maggiormente la “passività spinta” rispetto alla fruizione della stessa, con il robot la relazione è molto più attiva e interattiva, raggiungendo di fatto importanti obiettivi dell’affiancamento a soggetti che rientrano nello spettro autistico.

 

Ampio lavoro in questo senso viene portato avanti anche dall’italianissima Scuola di Robotica, anche attraverso la promozione di Nao Challenge,  un contest didattico dedicato agli studenti della scuola secondaria di secondo grado con l’obiettivo di sperimentare, motivare e sviluppare capacità di progettazione e pensiero critico utilizzando la robotica umanoide. Addirittura nel 2019 la competizione ha richiesto ai giovani studenti e aspiranti sviluppatori proprio di ragionare sul tema dell’inclusione – e in particolare del supporto ai sintomi tipici dello spettro autistico – grazie all’utilizzo di robot umanoidi.

 

Il documentario tutto da vedere

Sul tema umanoidi&autismo è di questa settimana l’uscita del documentario prodotto dalla Cité des sciences et de l’industrie, che mette in evidenza progetti innovativi in questo ambito. Nel documentario, girato a Nancy con i ricercatori e i bambini seguiti dall’associazione Jean-Baptiste Thiéry, vengono utilizzati prevalentemente alcuni esemplari del robot umanoide BUDDY e dalle immagini emerge chiaramente come questi robot si rivelino mediatori eccezionali al fianco degli educatori, migliorando le capacità di attenzione e le abilità sociali di alunne ed alunni coinvolte.

GUARDA ORA IL DOCUMENTARIO QUI.

Altre risorse interessanti sul tema, sempre incentrate sul robot Buddy sono disponibili sempre in video:

 

 

La rivista scientifica

Interessantissimo sul tema anche l’articolo Improving social skills in children with ASD, using a long-term in-home social robot pubblicato su Science nel 2018 e oggi ancora estremamente attuale. Questo perché, se nel mondo consumer e dei facili click la tecnologia può evolvere a velocità spasmodiche e mai sperimentate prima, nel campo delle applicazioni scientifiche e terapeutiche essa va sempre soppesata e valutata sul medio e lungo periodo e soprattutto tenendo al centro il benessere e gli obiettivi di sviluppo e felicità dei soggetti coinvolti. In questo articolo, sommariamente, si stima che basterebbero 30 giorni in compagnia di un robot per cambiare in meglio i comportamenti di un bambino autistico.

 

E le evidenze emergono anche in campo terapeutico. A Modena, per l’accoglienza dei pazienti con autismo e disabilità dal dipartimento di Cardiologia Universitaria, i robot Nao vengono sperimentati per facilitare le procedure di visite ed esami. QUI trovi un articolo di un paio di anni fa che ne parla.

 

Non possiamo dirci esperti, terapeuti, scienziati: questo lavoro lo lasciamo fare, con serietà e rigore, a chi vi si dedica ogni giorno, da una vita e non solo nei momenti di celebrazione. In questo articolo vi abbiamo offerto solo degli spunti. Quello che ci preme far emergere è l’opportunità offerta dal 2 aprile di evidenziare quelle vite, quegli studi e quelle azioni vere, in cui il proprio ingegno viene utilizzato per cambiare – migliorandolo – il mondo intorno a noi. Rendendolo più inclusivo per tutte e tutti.

Buon 2 aprile!

 

 

Il senso ultimo della mia Didacta 2025

Futuro

Quasi tutti i progetti presentati dalle classi hanno evidenziato come lo sguardo dei ragazzi si sia allenato – anche grazie alla guida attenta e solida dei docenti che li hanno seguiti – ad “andare oltre”, immaginando soluzioni a problemi presenti e futuri, scenari diversi, opportunità personali e sfide della cittadinanza che ancora non sono realtà. Quella voglia di cambiare le cose, quella speranza negli occhi, quel desiderio di domani, è stato il più grande regalo che potessero farmi. I progetti di imprenditoria dei ragazzi del Liceo di Albenga (delle lenti per i non vedenti con tanto di ricerca scientifica a supporto, degli insetti microrobotici per risolvere il problema dell’estinzione delle api, un auto più intelligente di quelle attualmente in commercio, una gomma per curare le carie) li hanno proiettati nel mondo del lavoro e nel ruolo attivo che potranno avere nel cambiare le cose, come cittadini, è vero, ma soprattutto li hanno portati a immaginare la realtà che li circonderà domani.

Le conseguenze in termini di sostenibilità con cui dobbiamo già e dovremmo ancora di più in futuro fare i conti tutti sono al centro del prototipo PattumoBot, su cui ha riflettuto l’IC 4 di Sassuolo, immaginando un sistema intelligente di smaltimento di ciò che come esseri umani e quindi “parassiti” del Pianeta terra produciamo di più: gli scarti.

 

Aiutare e mettersi a disposizione

Le studentesse e gli studenti che si sono alternati in Arena in molti casi sono partiti da un assunto che ha accomunato quasi tutti i progetti presentati, pur diversissimi e più o meno consapevolmente: quello di mettersi a disposizione, di usare l’ingegno, il tempo, la riflessione per offrire un servizio, un aiuto o una soluzione ad altri.

I bambini dell’Istituto Marymount si sono ad esempio confrontati con Io Do una mano, un’associazione no profit che sosteniamo in primis come azienda e che ha l’obiettivo di aiutare le persone, in particolare i/le bambini/e, con differenze congenite o acquisite agli arti superiori, modellando, stampando 3D e distribuendo gratuitamente ausili personalizzati. IO DO UNA MANO promuove il concetto di accessibilità e la creazione di un “volontariato digitale”.

Partendo da questo nobile esempio le bambine e i bambini delle 5° primaria della scuola hanno dibattuto su vantaggi e complessità di questo progetto, provando poi ad imitarli prima con kit già disponibili sul mercato (come LEGO Education SPIKE Prime) e poi arrivando ad aguzzare ulteriormente l’ingegno, utilizzando materiali poveri per riflettere sulla portata dell’iniziativa e sulla possibilità di cambiare il mondo, grazie alle proprie idee e invenzioni. Hanno poi deciso di coinvolgere tutta la platea – composta da docenti – nell’esercizio che avevano affrontato loro in classe e devo dire (perché ovviamente ho voluto partecipare!) che non è stato semplice per nulla, ma che momento meraviglioso di scambio, è stato. Bravissimi e spiritosissimi ci hanno insegnato il valore dell’impegno, in tutte le sue valenze.

 

Partecipare e farsi ascoltare

Non so dove vivano o che ragazzi abbiano incontrato i giornalisti che – a ondate periodiche acchiappa click – parlano di lassismo, pigrizia, egocentrismo di bambini e adolescenti, ma i giovani umani che ho visto io nella mia Arena hanno dimostrato di avere la voce e di volerla usare, per partecipare attivamente alla res pubblica.

Non serve arrivare all’esempio luminosissimo e ispirante di scuola partecipata, garantita da quella visione creatrice e felicemente produttiva (di talenti sorridenti, innanzitutto) del Senato Mattarella (IC3, Modena) un organo democratico studentesco, che discute, decide e delibera sulle questioni di interesse più prossimo della scuola e le cui riunioni si svolgono pubblicamente e a cadenza settimanale ed in orario extra-scolastico.

Sulla stessa linea si sono mossi anche i più maturi reporter del ITET Einaudi di Bassano del Grappa, mettendo in chiaro che i media della scuola sono in mano loro e vengono utilizzati – come percorso formativo e grazie alla guida esperta dei loro “fantastici docenti” (cit, loro ripetuta a più riprese) – per portare al centro di ogni espressione comunicativa della scuola (sia essa giornalino, webTV, canale social) quello che è importante per chi la scuola la abita ogni giorno, dando forza a un punto di vista, a dei valori, delle esigenze, e una voce – soprattutto – che possono essere anche divergenti rispetto a quelle degli adulti, veri e propri facilitatori in questo percorso volto alla ricerca del sé e dell’altro, attraverso una comunicazione che non mette in campo solo testi, video, tracce audio, ma che soprattutto espone e valorizza l’interiorità e l’autopercezione di ciascuno studente coinvolto in questi meravigliosi canali di visibilità per la scuola.

Difficile/Sfidante

E arriviamo all’annosa questione, forse la più interessante.

In modo esplicito lo hanno detto soprattutto i più piccoli, dimostrando una capacità di analisi e autopercezione che spesso crescendo perdiamo, ma praticamente tutte le ragazze e i ragazzi che hanno preso la parola a Firenze hanno sfiorato questo tema: lavorare così, per progetti, mani in pasta, con strumenti innovativi è DIFFICILE.

Nessuna delle classi ha fatto percepire una blanda noia quotidiana, un molle accontentarsi dello status quo. Tutti ci hanno fatto vedere come si rimbocchino le mani ogni giorno, a scuola e fuori, per portare a termine i progetti che li interessano davvero.

I bimbi dell’IC Matteotti di Alfonsine sono forse quelli che lo hanno espresso meglio: “lavorare con i robot all’inizio era davvero difficile, sentivamo di non essere molto bravi, ma alla fine delle lezioni, vedendo le cose che eravamo in grado di fare ci siamo sentiti molto soddisfatti e felici perché sapevamo quanta fatica ci era costato fare tutto il percorso, per quanto bello sia stato”.

E ancora: i progetti di imprenditoria del liceo Giordano Bruno, altro non erano che un espediente astuto della loro docente di lingue per invogliare gli studenti ad esporre e presentare in inglese: un qualcosa di percepito dai ragazzi come molto difficile, che però, reso così interessante, è diventato più coinvolgente e appassionante da affrontare.

Loro non lo sanno ma tanti anni fa questo concetto lo ha espresso magistralmente uno dei miei preferiti, Seymour Papert, scrivendo

“Every maker of video games knows something that the makers of curriculum don’t seem to understand. You’ll never see a video game being advertised as being easy. Kids who do not like school will tell you it’s not because it’s too hard. It’s because it’s boring!”

L’Arena CampuStore mi ha dimostrato ancora una volta quanto il suo pensiero sia sempre, e ancor oggi, sul pezzo.

 

Squadra e comunità

Ogni gruppo che ho avuto la fortuna di incontrare in questi giorni mi ha fatto percepire questo: l’importanza di fare gruppo, di lavorare come una squadra, di valorizzare i diversi talenti e di arrivare più lontano, insieme. Gli alunni, pur presentando progetti diversi, partendo da premesse e materie differenti, pur avendo età molto molto diverse, mi hanno fatto tutti capire quanto sentissero forte il valore del gruppo, tra compagni e con i docenti che li hanno portati in fiera. Non solo, ma quasi ogni progetto presentato è stato il risultato della cooperazione di insegnanti diversi (e diverse materie) della scuola: fare rete per aiutare meglio i ragazzi, collaborare per accrescere l’impatto del progetto e dell’iniziativa. È questa la comunità sicura, che accudisce aiutandoli “a fare da sé” che ho percepito solida, forte, consapevole. Emblemativo il caso del comprensivo Volta di Latina, che è partito dalle tecnologie e della robotica, per arrivare, approfondire, fissare gli obiettivi di educazione civica e di restituzione del valore alla comunità.

E infine il percepito certo da parte di tutti gli oratori, di far parte di una comunità più ampia, sia essa la scuola, il quartiere, la città, la nazione, e la responsabilità conseguente e intrinseca di dover “rispondere” alla collettività, di doversi far carico del suo miglioramento, della presa perfino di una certa coscienza sociale. L’ho visto, ovviamente, in tutti quei progetti che hanno inglobato una dimensione mediatica e comunicativa al loro interno, perché credo che spesso la comunicazione ci porti ad attraversare un momento forte di presa di coscienza e oggettivazione del percorso, ma soprattutto nell’analisi attenta, tecnica ma magistralmente illustrata, del progetto di riqualificazione urbana dei futuri geometri dell’IIS Einaudi di Chiari. Usare le competenze apprese in 5 anni per restituire alla città di Brescia un punto di vista nuovo e un progetto concreto per dar nuova vita a uno spazio problematico della città. Chapeau, ragazzi.

Un’ultima nota: le scuole che sono state coinvolte nell’edizione 2025 di “La parola ai ragazzi sono:

  • Senato Mattarella, Istituto Comprensivo 3, Modena
  • Classi 5° della primaria dell’Istituto Marymount, Roma
  • ITET Einaudi di Bassano del Grappa
  • Istituto Comprensivo Volta di Latina
  • Scuola secondaria di 1° grado Cavedoni dell’I.C. Sassuolo 4 Ovest
  • La classe 3 DS delle scienze applicate del Liceo Giordano Bruno di Albenga
  • Istituto Comprensivo Matteotti plesso Rodari Classe 4 B/C di Alfonsine
  • IIS Luigi Einaudi di Chiari

 

Complimenti di cuore alle ragazze e ai ragazzi che hanno preso la parola nei tre giorni di Didacta 2025, non era semplice, posso solo immaginare la loro agitazione, il senso di responsabilità e sfida, ma sono stati incredibilmente preparati, chiari, accattivanti. Una prova di realtà superata a pieni voti, siamo estasiati!

Grazie anche a tutte le altre candidature, che speriamo di poter valorizzare in futuro!

LA scuola raccontata dai ragazzi: forse l’unica che valga davvero la pena di ascoltare.

 

Come ripensare i laboratori scientifici nelle scuole

Un laboratorio in ogni classe?

Soluzioni per problemi di questo tipo, per fortuna, esistono.

1.AULE CHE DIVENTANO LABORATORI – Per iniziare: non è detto che per fare didattica esperienziale serva il laboratorio: molti esperimenti semplici possono essere condotti in aula, moltiplicando così le ore a disposizione per la sperimentazione attiva. Fare didattica esperienziale è più un approccio, uno stato mentale, che un’attività specifica legata a un luogo preposto. Ho visto attività bellissime di robotica educativa fatte in palestra, o a terra nei corridoi dell’istituto, perché la metratura dell’aula non era sufficiente.

In questo modo solo le attività che effettivamente richiedono attrezzatura fissa o sistemi di protezione varia (come una cappa, per esempio), possono essere svolte in laboratori dedicati, ma le ore a disposizone della sperimentazione attiva crescono esponenzialmente.

2.CARRELLI DU RUOTE PER CREARE LABORATORI MOBILI E CONDIVISI – Un’altra valida idea è quella di creare laboratori itineranti “carichi” di risorse condivise, grazie a dei carrelli dotati di ripiani e vaschette, oltre che a vani richiudibili e sistemi di alimentazione dedicati (vedi il carrello MakerSpace CampuStore o il più evoluto CarrellONE). Resistenti ma maneggevoli ne esistono di vario tipo, con vaschette di diversa dimensione, in modo da riporre senza pensieri tutta l’attrezzatura necessaria, pensati apposta per ottimizzare al massimo il tempo a disposizione dell’insegnante e l’organizzazione delle attività. Grazie ad essi, oltre che in aula, gli esperimenti possono essere condotti in corridoi, atrii, spazi comuni e condivisi, lasciando il laboratorio vero e proprio ad alunni che devono svolgere attività più impegnative, delicate o maneggiare sostanze di un certo tipo.

Al posto di ingorghi nel laboratorio (che possono essere anche pericolosi), si può spostare tranquillamente il carrello, in modo da avere un ambiente flessibile sempre a disposizione.

3. PUNTARE SU KIT PER ESPERIMENTI AFFIDABILISSIMI – Infine, all’interno dei laboratori veri e propri, può essere utile investire davvero in un buon numero di kit didattici a disposizione degli studenti, in modo che ciascuno possa lavorare a coppie o al massimo in piccoli gruppi. Tali kit devono però essere scelti con raziocinio e nascere come supporti per esperimenti affidabili e duraturi, meglio se permettono di eseguire esperimenti funzionanti con semplicità, dando i primi risultati evidenti dopo pochi minuti, in modo da consentire di ripetere più volte le misurazioni, cambiare le variabili, riflettere su quanto osservato con efficacia anziché perdere tempo con i “settaggi”: in tal senso, ad esempio, le soluzioni PASCO per l’insegnamento della fisica sono quanto di più efficace si possa trovare, soprattutto per le scuole secondarie di II grado.

 

In definitiva, ripensare i laboratori di indirizzo in chiave innovativa e proiettata al futuro è possibile, ma è necessario anzitutto iniziare a interrogarsi su come poter massimizzare l’efficacia delle attività sperimentali svolte a scuola, ponendo al centro dei ragionamenti le esigenze di docenti e studenti e pensando poi al modo di sfruttare spazi e risorse al meglio.

A tu per tu con Fabio Violante, CEO di Arduino

Halloween: 3 idee (+ 1) per attività didattiche a tema in classe

InnovaLab CampuStore certificato da European Schoolnet

Cosa rende speciale l’InnovaLab CampuStore?

Oltre 400 mq di innovazione e attenzione e cura per gli strumenti migliori per la didattica, ricercati e selezionati in 30 anni di esperienza al fianco delle scuole e in tutto il mondo, con arredi e soluzioni mobili, nati appositamente per le scuole, adatti a configurazioni differenti e a diverse fasce d’età, dalla scuola dell’infanzia all’Università e oltre, a tecnologie e supporti didattici innovativi e adatti a tante età diverse e a tantissimi stili di insegnamento.

 

Un laboratorio polifunzionale

L’InnovaLab CampuStore si contraddistingue inoltre per una concezione di laboratorio polifunzionale, a più aree, che consente lo sviluppo di conoscenze e competenze diverse, ciascuna con il proprio arredo specifico e gli strumenti adatti per mettere anzitutto al centro l’elemento fondamentale dell’apprendimento: le persone, studenti e docenti. InnovaLab CampuStore è uno spazio che si articola in aree differenti, e che permette e incoraggia attività di:

  • debate e presentazione
  • produzione di materiali originali, siano essi digitali/multimediali o veri e propri prototipi ed invenzioni autentiche
  • test e sperimentazione/verifica di ipotesi
  • Approfondimento e analisi, da soli o in gruppo
  • scambio di idee e reciproca contaminazione culturale
  • esplorazione scientifica ed apprendimento hands-on
  • peer learning e interazione
  • problem-solving
  • riflessione e approfondimento personale
  • sviluppo e crescita personale e come gruppo

 

Questa esperienza costante, in un ambiente concreto e sviluppata negli anni, è fondamentale perché è un campo di prova in evoluzione costante, che ha consentito e consente tutt’ora a CampuStore di declinare questo spazio, adattandolo a esigenze specifiche, in tutte le scuole e nei contesti educativi che si affidano all’esperienza di CampuStore nello sviluppo e nella riconfigurazione di spazi di apprendimento innovativi.

 

Dal 2022 l’InnovaLab CampuStore ospita inoltre la prima Miri costruita in Italia, l’aula immersiva autentica sviluppata per le scuole italiane completa di centinaia di contenuti già inclusi, nata dalla partnership tra CampuStore e Giunti Scuola.

L’InnovaLab CampuStore è sempre visitabile di persona nella sede di Bassano del Grappa, richiedendo un appuntamento a [email protected]

Ambienti di apprendimento innovativi: alla scoperta del LEGO® Campus

Arriviamo quindi al campus.

La centralità dei dipendenti è stata fondamentale anche nell’ideazione del progetto: ciascuno è stato invitato (ed è invitato tutt’ora, perché si può sempre migliorare) a suggerire delle idee e i nomi di tutte le sale meeting e delle varie parti dell’edificio sono stati decisi, uno a uno, dai dipendenti. Un bell’esempio di co-progettazione, no?

LEGO Campus è un complesso di uffici e un parco sostenibile che rappresenta, anche visivamente, i forti valori aziendali e la cultura giocosa del LEGO Group.
Uno spazio che sembra quasi parlare e trasmettere dei messaggi.

 

L’esterno e il rapporto tra “dentro” e “fuori”

Il volume complessivo è suddiviso in otto lobi, che si sviluppano intorno a un “cuore” centrale, uniti tra loro per creare un unico ambiente di lavoro e gioco continuo, basato sulla cultura innovativa del gruppo LEGO.
L’edificio si affaccia su un parco pubblico che è nato con il campus e che invita a guardarsi intorno, a muoversi e soprattutto ad alzare la testa, ricordandoci di osservare il cielo. Il parco è parte del gioco stesso innescato dal campus e abbatte di fatto l’opposizione tra interno ed esterno. Il verde del parco torna prepotente all’interno degli uffici, grazie alle enormi vetrate che su di esso si affacciano, e ad elementi come la serra sul tetto e il campo da minigolf dell’edificio a rimarcare questa fluidità e questo dialogo continuo.

L’esterno del complesso lascia a bocca aperta e non solo per il grande parco nato insieme all’edificio, quanto per le piccole, significative scelte che colpiscono ad ogni passo.
Tanto per dirne una: prima ancora di arrivare mi ha colpito la segnaletica orizzontale che porta al campus, che sembra invitare a pensare, a interrogarsi, a non dare per scontate neppure le più piccole cose. In Gallery ne ho inserite un paio: Tetris e Perditi (nomi di mia invenzione e per capirci, non leggeteci chissà che).

In “Tetris” le indicazioni tipiche della pista ciclabile – linea tratteggiata e continua – lasciano il posto a una linea che si scompone e si frammenta, che ricorda il tetris – appunto – o un labirinto, un luogo in cui il cammino non è necessariamente lineare, in cui bisogna pensare e superare qualche sfida per andare oltre e proseguire nel proprio percorso.

“Perditi”  mi piace vederla così: quando apprendi in fin dei conti parti per un viaggio alla scoperta della realtà, del mondo che ti circonda e di te stesso. E in questo viaggio non sempre la strada da percorrere è una linea retta: goditi le svolte, le anse inattese e gli imprevisti, sono parte di ciò che devi scoprire per arrivare alla meta.

 

Superate queste inconsuete rappresentazioni l’edificio del campus si staglia maestoso.

La visione spesso si annida anche nei dettagli, e allora ecco qualche mattoncino in muratura che spunta qua e là, nella superfice nordica, distesa e pulita delle pareti esterne, mentre due giganteschi mattoncini LEGO formano spazi di incontro in cima all’edificio. Questo dettaglio merita un approfondimento: perché è una cosa che ho notato e si intravede, si ritrova anche nei primissimi “uffici ufficiali LEGO” (oggi un museo), un piccolo complesso creato negli anni ’50. Anche lì si intravedono i profili dei mattoncini sui muri perimetrali, seppur disegnati in maniera più rudimentale (in gallery ho riportato una foto scattata quest’estate in cui si nota il dettaglio), voluti falla famiglia Kristiansen. L’elemento fondativo che ritorna, quasi a ricordare a tutti, ogni mattina, perché ci si reca in ufficio ogni giorno, a ribadire cosa rende possibile tutto quel giocare continuo, tutto quel fluire di idee.
Ma è soprattutto la minifigure gigantesca all’ingresso degli uffici che lascia a bocca aperta: impossibile non capire dove siamo, impossibile non cedere alla voglia di farsi un selfie. Uno sguardo alla modernissima palestra, sempre in funzione, che si intravede dietro alle vetrate alla destra dell’ingresso ed entriamo nell’edificio.

 

L’interno e gli uffici

Appena entrati non si riesce a tenere il collo fermo: l’atrio è spettacolare, ariosissimo, ampio e molto alto, con una grande installazione di mattoncini e led wall a tema che pende al centro dello spazio e tanti elementi funzionali – come la cassetta delle lettere – costruiti direttamente con i mattoncini.
Gli uffici, luminosi e flessibili, vi si sviluppano intorno, e le singole parti dell’edificio riprendono gli elementi LEGO, adattandoli a degli spazi reali, da vivere: l’ensemble evita deliberatamente l’uniformità a favore della diversità e dei colpi di scena giocosi, per riflettere la moltitudine di opzioni rappresentate dal gioco LEGO.

Lo spazio riflette anche la filosofia: da oltre cinque anni in tutti gli uffici principali di LEGO si applica l’”activity based working” (in pratica il lavoro non è legato a orari e postazioni fisse, ma al tipo di compito che si deve svolgere). Perciò nel LEGO Campus non esistono uffici singoli, personali e isolati, né postazioni fisse: nessuno ha la propria scrivania e tutti sono invitati ogni mattina a scegliere lo spazio che preferiscono, per svolgere il proprio lavoro. Questo assetto è stato studiato per aumentare l’interazione continua e la condivisione di idee e conoscenze.

Lo spazio però è creativo ma razionalizzato: organizzato, rigoroso, ogni ambiente ha una funzione, senza ridondanze caotiche. Ad esempio, anche se non ci sono postazioni fisse, ogni dipendente non è esattamente libero di vagare, ma è associato a un quartiere: ogni quartiere è “affidato” a uno specifico gruppo di dipendenti, sempre quello, e il gruppo designato può decidere come sistemarlo, decorarlo e personalizzarlo, in modo collaborativo.

Se un dipendente ha bisogno di privacy per una call o per una riunione ci sono diverse sale meeting disseminate nell’edificio (e per diverse intendo proprio che differiscono molto l’una dall’altra): in tutte, oltre a coloratissimi arredi, anche inconsueti (avete mai visto una sala riunioni in cui ci si può sedere a terra intorno a “un falò” di mattoncini su grandi e morbidissimi cuscinoni?) e tutti pensati per offrire spunti per essere creativi.
Le sale meeting sono sempre arricchite di ampie raccolte di mattoncini sfusi, con cui è possibile giocare durante gli incontri (e chi si annoia facilmente come la sottoscritta sa quanto può essere salvifico, questo espediente).
C’è anche una sorta di “codifica a colori” che indica l’uso delle varie stanze: le aree dove si può interagire e far rumore sono contraddistinte da colori molto vivaci e accesi, mentre nelle aree in cui è necessario fare silenzio i colori sono molto più tenui.

 

People House
L’effetto “wow” però è garantito soprattutto dalla “People House”, il “cuore” dell’edificio, che non è solo un luogo, ma l’espressione diretta di un modo di lavorare, straordinariamente aperto allo sviluppo personale di ogni individuo, che ci aiuta anche a capire perché, questo moderno complesso di uffici, prende il nome di “Campus”.

La People House è uno spazio informale, che può essere vissuto dai dipendenti LEGO in ogni momento della giornata: come scritto in precedenza, da anni in LEGO non ci sono orari imposti o momenti in cui si “deve” lavorare. Di conseguenza anche gli spazi di socialità possono essere vissuti in momenti inconsueti, a metà mattina ad esempio. All’interno di una finestra di tempo piuttosto ampia ciascun dipendente può scegliere quando essere “alla scrivania” e lavorare sui propri progetti e quando invece potenziare le proprie attitudini grazie alle proposte del campus.
Si tratta, di fatto, di un centro culturale situato significativamente nel mezzo degli spazi riservati agli uffici. Non è concepito come un luogo di lavoro, ma un luogo destinato all’apprendimento continuo in cui, tra le altre cose, si lavora.

La “People House” si trova al piano terra e comprende spazi condivisi e diversificati, che ospitano molte attività differenti. Ci sono spazi informali per rilassarsi con i colleghi tra arcade vintage, tavoli da biliardo, un caminetto – realizzato tutto in mattoncini – una caffetteria che organizza eventi per “staccare la spina nel mezzo della giornata”, un cinema, e persino un piccolo palazzetto dello sport al coperto. C’è una sala che ospita tanti eventi per dipendenti e familiari, un laboratorio creativo e maker space, una cucina: vengono proposte tante attività lavorative e ludiche a supporto della creatività e dell’innovazione, classi di cucina, una palestra ultra moderna sempre aperta e accessibile, stampa 3D, pittura, classi di sartoria e tanto, tanto di più. Le attività tra l’altro sono occasioni per vedere e usare con mano i set aziendali (e capire quindi il punto di vista dei propri clienti) ma anche per utilizzare tanti altri strumenti diversi nelle mani dei ragazzi di oggi per capire e lasciarsi ispirare “hands-on” anche da ambiti molto diversi dalla pura costruzione.

 

Attenzione alla sostenibilità
Innovazione e modernità non significa spreco, anzi.
Il campus, in linea con la svolta green voluta da LEGO negli ultimi anni, è stato progettato all’insegna della sostenibilità. Gli uffici sono stati costruiti con materiali di altissima qualità, a basso consumo energetico, ed è alimentato da pannelli solari. Anche le tecniche adottate per la sua costruzione – che per questo motivo è stata piuttosto lunga – sono state scelte e volute per risparmiare migliaia di chili di CO2 e per riciclare e dare nuova vita alla maggior parte degli scarti.

Tutti i mobili da esterno, nel campus, sono stati realizzati con mattoncini LEGO di scarto e i rifiuti all’interno degli uffici vanno suddivisi in dieci differenti categorie, per avere un grado di efficienza maggiore nella loro gestione. Inoltre, sono state collocate piante sulle superfici del tetto, che raccolgono l’acqua piovana, che poi viene utilizzata per irrigare gli spazi verdi circostanti.

La facciata è progettata sia per massimizzare la luce diurna e dar respiro agli interni, sia per ridurre al minimo i requisiti di riscaldamento.

 

Perché questa riflessione

Credo di avere la fortuna di vivere in un momento rivoluzionario per la scuola italiana. E allora non mi va di accontentarmi e riproporvi sempre il solito pattern e il solito kit di monitor + computer + carrello di ricarica. Solo perché questo è il momento, solo perché il PNRR sembra portarci lì. Ci sarà spazio anche per quello, ma non ora. Credo che questo sia l’istante esatto per fermarsi e farsi crescere le ali: di creare delle aspettative nella comunità educante e buone pratiche e temi per confrontarsi e lasciarsi un pochino scompigliare i pensieri.  E trovare altri come noi, sinceramente interessati a vedere oltre, e a cambiare un pochino le cose.

 

Se volete continuare ad approfondire vi segnalo un gruppo facebook dedicato al Piano Scuola 4.0, in cui ogni giorno si fa proprio questo, potete iscrivervi liberamente QUI.

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